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Dove si trova il villaggio di Babbo Natale: Nataland

Di tutti i luoghi magici del mondo e dell’universo, il villaggio di Babbo Natale è senza dubbio uno dei più iconici. Per questo, le leggende che lo vedono protagonista sono tantissime e spesso non hanno punti in comune, nemmeno in termini geografici. C’è chi dice che la nostra cittadina si trova esattamente al polo nord, un punto dell’oceano artico perennemente coperto di ghiaccio… beh, non bisogna essere Kymia, la più esperta scienziata del villaggio, per comprendere che su una lastra glaciale non sarebbe stato semplice creare un villaggio di Natale come il nostro. Chi invece colloca il villaggio di Babbo Natale al circolo polare artico dice il vero. E’ infatti in quel determinato parallelo che la magia del Natale ha origine. Ma dove?
Dove si trova la città di Babbo Natale
Quando abbiamo deciso di spostarci da paesi più caldi verso il circolo polare artico, non abbiamo dovuto scegliere in quale stato stanziarci. Ci è venuto naturale, quasi come se quella fosse la strada che eravamo destinati a compiere, come se fosse il fato a guidarci verso la Lapponia. Più ci addentravamo nella regione, più faceva freddo, più noi elfi ci sentivamo avvolti da un tepore familiare. Una sensazione strana ma bella: sentirsi a casa in un luogo in cui non si è mai stati. Non so se l’avete mai provata… Io, personalmente, nonostante siano passati millenni, ricordo quell’emozione come se fosse ieri. L’ho percepita non appena ho messo piede a Nika. E’ proprio lì, dove un tempo sorgeva la piccola cittadina di gnomi, in Finlandia, tra le montagne innevate della Lapponia, nei pressi di Rovaniemi, che si trova ancor ora Nataland.
Come arrivare al villaggio di Babbo Natale in Lapponia
Sapere dove si trova un luogo non implica necessariamente che ci si possa arrivare con facilità. Per quanto riguarda Nataland, sono tre i modi per raggiungere il paese di Babbo Natale:
- In sella a una renna;
- Sul treno Otly;
- A piedi.
Al galoppo tra le nuvole
Tra i tre, il metodo migliore per arrivare a Nataland è sicuramente con le renne. In slitta o a cavallo poco importa, basta che volino e che nelle lunghe distanze vengano riportate di tanto in tanto con le zampe per terra, soprattutto se giovani. Oltre ad essere incredibilmente veloci, le renne sono dotate di un fantastico senso dell’orientamento che incrementa con il freddo, ragion per cui sanno esattamente come raggiungere la meta desiderata. Non è un caso che siano il mezzo di trasporto preferito da Santa Claus e da Kayorin che con il suo fedele destriero ha esplorato il mondo.
Fermata Otly Station
Per quanto riguarda il viaggio in treno, la prima cosa da dire è che non tutti i treni possono arrivare a Nataland. Anzi, a dire il vero ce n’è uno solo che permette di raggiungere la cittadina. Si tratta di Otly, un’invenzione di Mihut dal design di un treno a vapore, ma alimentato a carbone e magia. Lo usiamo principalmente per trasportare materie prime. Ciò che lo rende davvero speciale è la possibilità di andare ovunque, oltre che la discrezione. Infatti Otly non segue rotaie già esistenti, ma compaiono man mano che si muove verso chissà quale posto del mondo o mentre torna a Nataland, viaggiando per terre e mari invisibile ai più, tranne che chi crede fermamente in Santa Claus e nello spirito del Natale.
Percorso in Lapponia
Non bisogna per forza armarsi di animali e mezzi di trasporto magici per arrivare al villaggio di Babbo Natale, ma è possibile raggiungerlo anche a piedi, o almeno è così che abbiamo fatto noi elfi insieme a Santa Claus nella traversata che dal Medio Oriente ci ha portati qui. Ammetto che è l’unica volta che ci siamo mossi a piedi, ma ricordo benissimo tutti i segni che dall’inizio della Lapponia ci hanno guidato lungo il tragitto.
Il suono del vento e la pineta delle lucciole
Il primo in assoluto è stato il rumore del vento. Il fruscio della brezza fresca diventava sempre più dolce man mano che camminavamo, così soave che era un peccato non sentire quali altre note potesse riservarci. Era così incantevole che non ci siamo nemmeno resi conto di star attraversando uno specchio di ghiaccio, fin quando Bahir non è scivolato e nel tentativo di riprendere l’equilibrio ha completato la traversata pattinando goffamente, concludendo la performance in una piccola montagna di neve. E’ tra i motivi per cui preferisce il terreno, anche se non lo dice. Il melodioso suono del vento che ci ha accompagnato nel primo tratto della Lapponia si arrestava al confine della foresta di conifere, subito dopo lo specchio di ghiaccio. Gli alberi erano così alti e folti che non passava molta luce. Infatti, per attraversare la foresta aspettammo la sera, quando le lucciole si svegliarono. Ce n’erano così tante che mettevano in risalto particolari che di giorno non si notavano affatto, come il muschio luccicante. E’ stato Klany a notarlo mentre studiava le venature del tronco e, saltellando, ci ha invitato a seguirlo fino alla fine della foresta. Diradata la pineta, quando era ormai l’alba, lo spettacolo che si è presentato davanti ai nostri occhi è stato incredibile: una distesa di neve candida che si estendeva compatta sulle montagne limitrofe.
L’accampamento degli schiaccianoci
Per quanto quel mare bianco trasmettesse una calma e una pace incredibile, non avevamo la più pallida idea di dove andare. Non c’erano venti sonori o alberi ricoperti di muschio, nemmeno un animaletto che ci facesse strada. Eravamo così stanchi, però, che ci siamo fermati a riposare. Al nostro risveglio, una volta levate le tende, come nei migliori momenti di smarrimento, Glarcy ha costruito una palla di neve e l’ha lanciata, dando il via a una gioiosa battaglia di palle di neve. Un momento di svago di cui avevamo bisogno, sia per alleggerire il lungo viaggio, sia perché Genzel, per seguire la traiettoria di una delle sfere di neve che sembrava volesse arrivare alle stelle, ha notato del fumo provenire da dietro un’altura. Lo abbiamo seguito e ci siamo ritrovati in un piccolo accampamento desolato in cui una zuppa ribolliva sul fuoco circondata da gherigli rotti. Come vede una pentola Lekta non riesce a tener le mani a posto ed è andata ad assaggiare la minestra. Prima che ci riuscisse, quattro giovani vestiti di pelliccia ma armati come i centurioni sono sopraggiunti, uno ha impugnato la spada e l’ha intimata di fermarsi. Con tutta la nonchalance che la contraddistingue, Lekta ha semplicemente detto che voleva solo capire cosa aggiungere nella zuppa, che si capiva dall’odore che mancava qualcosa. Vi risparmio tutti i convenevoli e le presentazioni, vi dico solo che alla fine ci siamo ritrovati a mangiare la zuppa finemente aggiustata dalla nostra chef attorno al fuoco con i quattro gemelli che vegliavano sulla montagna. Gli abbiamo raccontato un po’ della nostra storia e loro ci hanno spiegato che vivono lì da anni, perché i loro genitori gli avevano detto che il monte Korvatunturi racchiude un segreto, ma non hanno mai capito quale. Solo uno dei guardiani, quello che all’ascia e al pugnale ha preferito il tamburo, ha detto però che la montagna suona con lui. Alle volte, sale sulla cima, nella rientranza che pare quasi un orecchio, quando batte sul tamburo la montagna suona con lui. Non come l’eco che ripete le stesse note, ma con una musica complementare.
Il segreto del monte Korvatunturi
Il giorno successivo siamo andati insieme ai quattro gemelli sul Korvantunturi, la montagna dell’orecchio. Quando il giovane ha iniziato a suonare il monte ha davvero risposto con una melodia che abbiamo subito riconosciuto. Non potevamo credere alle nostre orecchie a punta, era proprio la Kinyan Kryas, l’inno della nostra terra. Kaidynv ha tirato fuori dalla tracolla la sua ocarina e ha suonato la canzone come se si fosse esercitata tutti i giorni, nonostante non la suonasse da quando eravamo a Kian. Ammetto che ci siamo tutti commossi, ma l’emozione ha presto lasciato spazio alla sorpresa quando le rocce si sono schiuse davanti a noi. Lo so, non è proprio la più saggia delle mosse addentrarsi in un misterioso passaggio tra le pietre, ma la curiosità e la possibilità di trovare qualche prezioso metallo hanno spinto Ioha a fare capolino nell’apertura in cui è sparito poco dopo. Abbiamo sentito un urlo che si affievoliva pian piano fino al silenzio. Non c’era molto da ragionare, dovevamo solo seguire uno tra i più importanti principi: nessuno viene lasciato solo. Così uno per volta siamo stati inghiottiti dalla montagna, urlando a nostra volta, ma solo perché il buio non permette di vedere lo scivolo che attraversa l’altura e ci si ritrova improvvisamente a sgusciare in un cunicolo.
Il passaggio illuminato dalla luna
La traversata termina in una gola. Un passaggio che è uno spettacolo. Il sentiero di neve è costeggiato da delle alture di ghiaccio dall’effetto fantastico che Sakyla cerca ancora di riprodurre con la sua ceramica lucida. La cosa più bella, però, è alzare la testa e vedere il cielo dividere le lastre. Quando ci siamo accampati per la notte ricordo di aver sollevato lo sguardo e aver visto la luna vegliare su di noi. La sua luce era meravigliosa, così tanto che non riuscivo a staccarle gli occhi di dosso e, come me, Babbo Natale. Abbiamo lasciato gli altri dormire e ci siamo incamminati verso la luna, solo noi, Alabaster e Santa Claus, l’ormai inseparabile duo. Quella notte ha davvero segnato l’inizio della nostra amicizia e collaborazione. Abbiamo parlato per ore fin quando la gola non si è allargata e ci ha mostrato la nostra nuova casa, la valle che poi è diventata Nataland.